La tutela degli utenti per i danni provocati da cattiva e/o omessa manutenzione delle strade è ancorata a due diverse ipotesi previste dal nostro ordinamento giuridico.
La prima è quella rinveniente dall’art. 2051 c.c. il quale disciplina la responsabilità del custode per i danni causati della cose che questi ha l’obbligo di custodire.
Infatti le pubbliche amministrazioni a vari livelli (Stato, Anas, Province, Comuni e Regioni) sono da considerare custodi delle strade in quanto grava su di queste l’obbligo di manutenzione previsto dalla legge.
Ne deriva che in caso di danni (incidente stradale, caduta, danni provati ai veicoli, ecc.) causati dalla cattiva e omessa manutenzione delle strade, la p.a. sarà tenuta al risarcimento nei confronti del danneggiato.
Secondo tale disciplina (art. 2051 c.c.), la responsabilità della p.a. è oggettiva e sarà esclusa solo ove questa dia la prova concreta in giudizio del caso fortuito ovvero di un elemento esterno imprevedibile ed inevitabile che sia stato causa del danno.
Tuttavia, secondo la giurisprudenza, l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. (e cioè l’ipotesi più favorevole al danneggiato) non è automatica ma deve essere valutata caso per caso secondo determinati criteri applicabili al caso concreto.
Invero l’ipotesi di cui all’art. 2051 c.c. ricorrerà solo in caso di situazione di pericolo “necessariamente connesso alla struttura o alle pertinenze” della strada (come ad es. irregolarità del manto stradale, insufficienza delle protezioni laterali, segnaletica insidiosa o contraddittoria, ecc.).
Diversamente, nel caso la situazione di pericolo sia scaturita dagli stessi utenti ovvero “da una repentina e non specificatamente prevedibile alterazione dello stato della cosa” che pongano a rischio l’incolumità degli utenti e del loro patrimonio (ad. es. perdita di oggetti da parte di veicoli in transito, formazione del ghiaccio sul manto stradale, perdita di sostanze oleose da parte di veicoli, frana che invade improvvisamente la carreggiata, ecc.) sarà applicabile l’art. 2043 c.c., con la conseguenza che la vittima o il danneggiato avrà l’onere di provare l’imprevedibilità e l’inevitabilità del pericolo.
In conclusione, l’applicabilità nel singolo caso concreto di una o dell’altra ipotesi sopra menzionate hanno valenza enorme in sede di giudizio: invero, mentre secondo l’art. 2051 c.c. è il custode (la p.a.) a dover provare l’esonero della propria responsabilità (caso fortuito), spettando al danneggiato solamente la prova del danno patito, nel caso diverso disciplinato dall’art. 2043 c.c. spetterà interamente al danneggiato sia la prova della colpa della p.a., sia quella del nesso causale e del danno ricevuto (con complicazioni per il richiedente di non poco conto).
fonte: studio viti